sabato 25 ottobre 2008

El Saadawi: “Le donne sono temute dalle religioni”

La criniera bianca intorno al bel volto da ragazza 77enne senza un filo di trucco, Nawal El Saadawi sorride spesso. Col suo sorriso e con le sue idee radicali da sempre sfida tutto e tutti. Nata in un villaggio egiziano, è stata una delle prime donne medico del suo Paese, poi sessuologa, femminista, scrittrice, dissidente, attivista contro le mutilazioni genitali femminili, che ha subìto da bambina, imprigionata da Sadat per le sue idee, minacciata di morte dai fondamentalisti.
E nel frattempo, tre mariti e due figli. A maggio tornerà in Egitto dopo un esilio negli Stati Uniti in seguito ad un processo per apostasia, che ora ha vinto.
 Nel 2005 ha sfidato il presidente egiziano Mubarak, ma la sua candidatura non è stata ammessa: “In Egitto c’è un regime molto oppressivo, Mubarak è peggio di Sadat, non c’è vera democrazia, l’opposizione è un simulacro, i media sono controllati, e tutto questo con l’avallo degli Usa e purtroppo anche dell’Europa. L’Egitto è una colonia americana, dove tutti i fondamentalismi sono risorti. Si parla molto di quello islamico, ma c’è anche quello cristiano. E la responsabilità è americana. Come in altre parti del mondo gli Usa nel passato hanno favorito il fondamentalismo in funzione anticomunista”.

Islam e democrazia sono compatibili?
Nessuna religione è compatibile con la democrazia perché le religioni sono di per sé autoritarie. Ma ora se ne parla molto perché servono alla politica.

Lei da sempre combatte per l’emancipazione delle donne. Ma in Europa tante ragazze “emancipate”, anche universitarie, figlie di immigrati rivendicano il diritto di portare il velo contro il parere delle loro stesse madri.
 Queste ragazze avvertono un’ostilità dell’Occidente e scelgono il velo come meccanismo di difesa identitaria, ma è una falsa identità. Il velo non ha a che vedere con l’islam: lo mettono le ebree, le cristiane e le musulmane, ma non lo prescrive nessun libro sacro, è solo uno strumento di oppressione del patriarcato in cui tuttora viviamo. Serve a nascondere il cervello delle donne di cui gli uomini hanno molto paura.

Bisognerebbe proibirlo?
No, per superare questi problemi la strada è la giustizia sociale, garantire a europei e stranieri, donne e uomini, gli stessi diritti.

So che lei critica la presunta emancipazione delle donne occidentali.
Il make up, l’ossessione per il corpo è il velo postmoderno delle donne occidentali. La loro libertà è libertà di essere oggetti sessuali. Una libertà senza coscienza: tra le allieve dei miei corsi negli Usa, più di un terzo ha abortito quando era teenager. Questa non è libertà.Negli Usa mi chiedono perché non ricorro alla chirurgia plastica, ma la mia identità non è data dal mio corpo, ma dal mio cervello, da quello che faccio e che scrivo.

Come vede il futuro?
Nel mondo c’è molta ingiustizia, la ricchezza è nelle mani del 2% della popolazione mondiale. Ma la crisi dei mercati di questi giorni segna un punto di svolta, che ha portato persino gli Usa a prendere provvedimenti “socialisti” per salvare l’economia, è il segnale di un collasso di un sistema.

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Pubblicato su Metro il 25 ottobre 2008