giovedì 11 luglio 2013

In memoria di Rosy, vittima numero 65



Rosy Bonanno, 26 anni è stata massacrata dal suo ex convivente davanti al loro bambino dopo una persecuzione durata anni. Secondo la madre aveva denunciato l'uomo sei volte: “Tutti sapevano, è stata una morte annunciata". Il procuratore di Palermo Maurizio Scalia ci ha tenuto a far sapere che risultavano solo due denunce per maltrattamenti in famiglia, “non per stalking”, archiviate “perché la signora aveva detto di essersi riconciliata" con l'uomo.  Qualcosa evidentemente non funziona. Perché quella di Rosy è una storia raccontata molte volte, di violenze e soprusi minimizzati, di appelli non raccolti. Sotto sotto nelle parole del magistrato si può leggere che anche lei dopo tutto è stata vittima di sé stessa, ritirando quelle denunce e riappacificandosi con il bruto. I servizi sociali stavano intervenendo, ma con i tempi lenti della burocrazia. L'amore è una cosa complicata, a volte sbagliata. Ma qui il discorso è un altro e riguarda istituzioni e agenzie sociali. Chi deve garantire tutele e sicurezza non è preparato. Non c'è coordinamento. Ancora la cultura prevalente in molti commissariati è quella di invitare i coniugi a “fare pace". Per questo hanno molto senso iniziative come quelle della Bicocca per introdurre il cosiddetto metodo Scotland applicato in Gran Bretagna anche da noi: un sistema che istituisce task force coordinate che entrano in azione non appena arrivi una segnalazione di abuso da qualunque fonte, commissariati, ospedali, servizi sociali. Persino i taxi, nel caso trasportino una donna con segni di violenza. La task force affianca la donna a prescindere dall'iter giudiziario, fino a soluzione del problema. Cosa aspettiamo? Si dice che molto dipende da un cambiamento culturale. Vero: bisogna partire dall'asilo per creare maschi e femmine che si guardino reciprocamente con rispetto. Ma nel frattempo fermiamo la strage con tutti i mezzi possibili e soprattutto con mezzi adeguati.
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lunedì 8 luglio 2013

Una nuotata nella libertà

Dal mondo islamico arrivano sempre più spesso storie di donne che non hanno paura di niente e con la loro ostinata voglia di libertà mettono in ridicolo chi cerca di opprimerle. Dopo la battaglia delle saudite per poter guidare l'automobile, ora l'iraniana Elham Asghari per aggirare il divieto di gareggiare come nuotatrice, per via dell'abbigliamento indecoroso, prende alla lettera i dettami degli ayatollah in fatto di abbigliamento e nuota bardata di tutto punto, palandrana e hijab compreso. Lo ha fatto per 18 chilometri nel Mar Caspio, con addosso un peso di sei chili in vestiti bagnati, battendo credo ogni record. Soprattutto quello della caparbietà. Non ha sconfitto la stupidità del potere che non ha voluto riconoscere il suo primato, per manifesta indecenza. Ma noi sappiamo che comunque ha vinto lei.
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