giovedì 25 luglio 2013

L'Expo nell'Impero di Cacania, Italia


L’enfasi che circonda  l’Expo 2015 sembra sempre più sospetta. Nel giro di dieci giorni abbiamo assistito ad un simposio solenne a Monza nel quale non è successo nulla di nuovo ma tutti, da Napolitano, a Letta, a vari ministri e governatori si sono alternati per comunicare il Grande Messaggio:  che puntano tutto sull’evento del 2015, da cui in definitiva sembra dipendere la nostra stessa idea di futuro e di ripresa. Martedì un accordo tra le parti sociali relativo a 800 (800?) lavoratori per i sei mesi dell’esposizione è stato salutato come il nuovo paradigma che aprirà la strada ad un futuro radioso e produttivo  grazie allo smantellamento –in deroga , per ora -  dei pochi paletti contenuti nella riforma Fornero, che ormai tutti gli studi esistenti mostrano non avere aumentato né la produttività, né in modo utile la flessibilità.

La buona notizia sarebbero i contratti light da applicare ad un evento a tempo determinatissimo, che però in teoria dovrebbe essere la pila rigeneratrice del Sistema-Paese. Non c’è una contraddizione? E non è un po’ poco? Non ci consegna, nella migliore delle ipotesi, ad un futuro a tempo determinato? Dall’osservatorio privilegiato sul territorio, cioè da Milano, Expo 2015 a  22 mesi dall’inizio ha contorni ancora molti sfumati. Troppo. Finora abbiamo visto molta politica mediocre e moltissimo marketing.  Qualcosa che evoca sinistramente  l’Azione Parallela nell'impero di Cacania raccontata da Musil ne “L’uomo senza qualità”:  il Grande Evento catartico di un mondo al tramonto destinato a non realizzarsi mai. Ma quella è  letteratura.
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Pubblicato su Metro