Noah Raford appartiene a quella categoria di fortunati il cui lavoro non sarà spazzato via dai robot e dall’Intelligenza Artficiale. È Futurist in chief, ossia capo futurologo presso la Future Foundation di Dubai, un team di 80 persone che lavora a stretto contatto con i ministri dell’Intelligenza Artificiale (un 28enne) e del Futuro - sì, esistono davvero- per progettare il mondo in arrivo prima che sia troppo tardi. Lo incontriamo a Milano invitato da Meet the media guru
Penso che lei sia l’unico al mondo a fare questo lavoro.
«Per quel che ne so non ci sono altri governi con una posizione simile alla mia. Ed è un male. Negli Emirati Uniti tutto l’esecutivo è impegnato sul futuro, per evitare gli effetti negativi e amplificare quelli positivi della rivoluzione tecnologica».
C’è un grande dibattito sui rischi della rivoluzione tecnologica: la perdita del lavoro, i pericoli per la democrazia legati al controllo dei dati. Lei sarà un ottimista.
«Sono un realista. Non c’è un’altra opzione. La tecnologia è uno strumento, non c’è un risultato garantito. Per questo è cruciale che il settore pubblico giochi un ruolo molto attivo. Uno studio del Mit ha dimostrato che tra il 2000 e 2017 ogni robot in Usa ha fatto perdere il lavoro a 6 persone. Il punto di vista di un’azienda è ridurre costi e staff, un governo deve avere un ruolo guida per assicurare che i benefici della tecnologia siano distribuiti tra il maggior numero di persone».
«Sono un realista. Non c’è un’altra opzione. La tecnologia è uno strumento, non c’è un risultato garantito. Per questo è cruciale che il settore pubblico giochi un ruolo molto attivo. Uno studio del Mit ha dimostrato che tra il 2000 e 2017 ogni robot in Usa ha fatto perdere il lavoro a 6 persone. Il punto di vista di un’azienda è ridurre costi e staff, un governo deve avere un ruolo guida per assicurare che i benefici della tecnologia siano distribuiti tra il maggior numero di persone».