C’ era una volta la politica. Arte della gestione della
cosa pubblica che oggettivamente non sempre nella storia sembra aver dato il
meglio di sé al cento per cento, ma pure ha costruito pezzi della civiltà
occidentale. La politica che
aveva galoppato nella prima metà del Novecento a cavalcioni delle grandi
ideologie ha finito poi per seguire il destino delle stesse, fino allo
schianto finale dell’ultima sopravvissuta, quella comunista. Non che le
ideologie in realtà siano davvero sparite: è rimasta in piedi quella
capitalistica e del libero mercato, della cui bontà e inevitabilità ormai
nessuno osa più dubitare, nemmeno un lavoratore di call center.
Nel nostro piccolo italiano, quando le ideologie andarono
a ramengo e Tangentopoli svelò
il lato prosaico della faccenda, cominciò ad affacciarsi il mito della società civile, che era meglio dei
politici e da lì bisognava pescare per una resurrezione della Politica
con la P maiuscola affidata alle competenze dei tecnici da un lato e della
“gente comune” dall’altro. Allora i grillini non erano ancora nati, ma la
realtà finora ha dimostrato che di fatto il massimo che è avvenuto è stata una cooptazione e che una volta che si
arriva lì in cima, senza adeguati anticorpi e contromisure, ricomincia il giro
di giostra e si diventa élite, con tutti i rischi, le tentazioni del caso e
soprattutto le inefficienze. La differenza è ora che tutto avviene senza
nemmeno dover scomodare paroloni e una qualche visione del mondo.
Una botta definitiva a questa obsoleta concezione
ideologico-spaziale della politica la stanno dando, praticamente in coro, i due
candidati in pectore più accreditati per Roma e Milano, Alfio Marchini e Giuseppe Sala. Più o
meno usando le stesse parole hanno decretato la fine del bipolarismo “destra e sinistra”, Sala con un ruvido
“me ne frego”, Marchini parlando di “schema superato” e ovviamente appellandosi
alla società civile.
Resta l’umile interrogativo: con quale “vision”, direbbero i
manager, oggi tanto in voga? Tutto è straordinariamente coerente, del resto la
grande narrazione del partito della
Nazione renziano sembra essere soprattutto questo: grande enfasi nel
decretare la fine del vecchio ammuffito mondo bipolare (deprimente) e sguardo
verso il mondo nuovo che tiene insieme tutti tranne i rosiconi.
Per fare cosa?
(Il “come” non sembra più interessare a nessuno).
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Pubblicato su Metro il 4 novembre 2015 con il titolo La politica unipolare