Un atelier nella Ferraille di Essaouira. Foto di Paola Rizzi |
ESSAOUIRA Vento, oceano, gabbiani, luce abbagliante. La discarica di
Essaouira, località turistica marocchina molto à la page adagiata
sull’Atlantico, gode di una invidiabile posizione panoramica, a nord della città.
Sulla collina leggermente rilevata alle spalle del tappeto di rifiuti che
digrada verso il mare, si sviluppa una cittadella di rigattieri, robivecchi,
rottamai, la Ferraille, dove ogni scarto viene selezionato, suddiviso,
riassemblato e venduto poi nel mercato delle pulci domenicale.
Sembrerebbe il posto meno adatto per andare alla ricerca di opere d’arte.
Eppure è proprio qui, tra le baracche sgarruppate, che diversi artisti locali,
con un passato da pescatori, contadini, o carpentieri, hanno i loro atelier
fatti di rottami. E si capisce che invece il luogo è adattissimo perché gran
parte delle creazioni nasce da oggetti di scarto, legni portati dal mare,
conchiglie, ossi, reinventati, rimontati e soprattutto colorati e poi rivenduti
ai turisti a prezzi incredibilmente modici.
Oggetti pronti per diventare arte. Foto di Paola Rizzi |
Da decenni a Essaouira, soprattutto
per iniziativa di un collezionista danese, Frederic Damgaard, si è sviluppata
una scuola di artisti che ha una certa risonanza internazionale, con una cifra
stilistica collocabile tra l’arte naïf e il graffitismo alla Basquiat. Un vero
fiorente business, che ha moltiplicato le gallerie d’arte e anche gli artisti
di grido o improvvisati, che aprono le loro botteghe a ogni angolo di strada.
Alla Ferraille lo spirito è un po’ diverso: è l’arte del riciclo che diventa arte tour court, in modo molto semplice ed empirico, a volte selvaggio, senza troppe pretese. «Prendo i pezzi di legno, o questa conchiglia, e poi aspetto che l’immagine si formi nella mia mente» spiega Azzedine Nassik, sguardo un po’ folle da drop out, sorriso malinconico, nella sua bottega invasa da oggetti e quadri cangianti o stilizzati e sculture-mostro ispirate dalla forma distorta di una pietra, in un miscuglio di stili che non ha paura di niente. Un quadro alla parete mostra un volto stravolto alla Bacon con un ghigno deforme e un cappello tradizionale. Chi è? «Sono io -dice mostrando la bocca sdentata e poi aggiunge sorridendo - ho delle cose strane in testa, dei diavoli”.
Le sculture fantastiche di Aziz Baki. Foto di Paola Rizzi |
Sembra avere molto più la testa
sulle spalle e i piedi per terra Aziz Baki, vera star della Ferraille,
che in una vita precedente ha fatto l’elettricista prima di andare a pitturare
i mobili costruiti dal fratello che poi tanto successo hanno avuto tra i
turisti. Poi ha preso la sua strada di artista naïf con un certo risalto
internazionale e ora ha addirittura due studi, una sorta di showroom alla
Ferraille e il laboratorio dove lavora fuori città. La sua chiave è il
colore e un brulichio di figure immaginarie che trasformano qualunque cosa in oggetti
fantastici e giocosi: serpenti, draghi, astronavi, nati da alberi portati
dalla risacca o fusti di metallo. Il tema del serpente ricorre, una specie di
feticcio: il padre di Baki morì per il morso di un serpente.
Le opere di Asmahmu. Foto di P. Rizzi |
Poco più avanti Asmahmu, (Asmah Mustapha )invece
espone come in una scenografia studiata le sue opere dai colori accesi e dai
rossi lugubri, una specie di personale bestiario disposto ad arte in mezzo ad
altri oggetti, manichini, frammenti.
Gli intarsi di Sayed. Foto di P.Rizzi |
Jimy Hendrix nello studio di Sayed. Foto di Paola Rizzi |
©Riproduzione riservata
Pubblicato su Metro il 15 giugno 2015
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