giovedì 12 settembre 2019

La voce di Paola in una matita

Un'opera di Paola Ponzoni

Paola Ponzoni disegna con tratto sicuro e veloce le sue figure sghembe dalle reminiscenze picassiane. Del resto, come le fanno notare scherzando amici e fan, le iniziali sono le stesse: P.P.. Ha una produzione instancabile, soprattutto ritratti, ma anche paesaggi. Si ispira a fotografie o ad altre opere d’arte, trasfigurandole nella sua visione nitida e insieme surreale. Così la Liz Taylor di Andy Warhol diventa un volto astratto e stupefacente, uno nudo femminile di Picasso una sorta di maschera arcaica. 




Crespi d'Adda secondo Paola Ponzoni


A volte usa il colore, più spesso no. Il salto di qualità nella sua vita artistica è avvenuto a ottobre 2018, quando per la prima volta ha realizzato una sua personale con 60 opere esposte nell’Infopoint di Crespi d’Adda, il villaggio operaio della fine dell’Ottocento nel comune di Capriate San Gervasio, dove Paola vive. La mostra ha attirato l’attenzione sulla sua produzione di un pubblico più vasto , che si è disputato i suoi quadri, messi in vendita per ripagare le spese dell’allestimento. La madre Agnese Magni sorride frastornata: «Non ci immaginavamo tanto interesse per la Paola, molta gente mi ha lasciato contatti, anche una gallerista, vogliono altre opere sue. Adesso vedremo». L’artista, se le si chiede se è contenta di essere diventata famosa risponde solo «sì» prima fissandoti e poi distogliendo lo sguardo. Si presta paziente a farsi fotografare e verrebbe da chiederle di più sul suo processo creativo, ma Paola Ponzoni parla molto poco. «Fino a 7 anni è stata una bambina come tutte le altre, andava a scuola, le piaceva nuotare, era allegra- spiega la madre-Poi improvvisamente si è come bloccata, non sappiamo perché. Ci abbiamo messo anni a cercare di capire cosa le fosse successo, io ho lasciato il lavoro per seguirla, portarla dagli specialisti. Alla fine la diagnosi è stata personalità con tratti autistici». 
Paola Ponzoni al lavoro



Paola ora è una ragazzona di 37 anni dallo sguardo penetrante e vivace, che con il passare del tempo si è chiusa sempre di più in se stessa: «Fino a tre anni fa parlava, ora quasi nulla». Con la madre, il padre Pino, pensionato, e il fratello 27enne Alessando, panettiere, vive una vita semplice fatta di nuotate, passione che le è rimasta, passeggiate in montagna con i genitori quando si può, buona tavola, un’infatuazione recente per i braccialetti. Una breccia aperta nel muro della sua mente l’ ha trovata sul foglio di carta che le ha messo davanti 18 anni fa Simona Ginestri, anima del laboratorio “Handic...a... pArte”, gestito dalla cooperativa sociale Castello di Trezzo d’Adda che dal 1979 coordina tre Centri socio educativi sul territorio e segue una cinquantina di utenti con diverse disabilità mentali. 
Un ritratto



«Quando ho iniziato pensavo di dover insegnare ai ragazzi delle tecniche artistiche– racconta Simona, un passato da ceramista - poi ho capito che non era quello che dovevo fare, non si può. Il mio compito era osservarli e facilitarli, mettere a disposizione strumenti. Così per esempio è nato il Cecello, un omino disegnato da un ragazzo down, Marcello, che poi è diventato mascotte e ora anche gioiello simbolo della cooperativa. Ma Paola l’ho notata subito. Ha un talento molto speciale: io le propongo delle immagini, fotografie o opere d’arte famose, lei sceglie e poi parte con mano sicura e una maturità di composizione notevole. In una mattina può fare anche tre o quattro disegni, concentrantissima e apparentemente serena. L’unico mio intervento a volte è suggerirle di aggiungere un dettaglio, ma spesso non faccio nulla, la guardo e basta».
Anche il colore



 Una sintonia tra le due donne che rende possibile questo miracolo creativo. A casa, raccontano i genitori, Paola non disegna, al massimo fa degli schizzi, ma è sotto lo sguardo vigile di Simona che emerge quel talento. «La scelta di realizzare la personale è nata dall’esigenza di andare oltre l’handicap per permettere ad un pubblico più vasto di valutare l’opera in se. E il risultato ha sorpreso anche la famiglia – spiega Simona – D’altronde i parenti sono sempre più concentrati sulla disabilità e tutto il resto è subordinato al benessere del familiare. Questa mostra ha aiutato anche loro a cambiare prospettiva».

Un ritratto



Ora che l’arte di Paola ha avuto risonanza, anche sui giornali locali e con il passaparola, si pone il problema del dopo. Già si parla di una mostra a Bergamo. Le sue opere sono già note e anche richieste in una cerchia ristretta. In alcuni casi le sono state anche commissionati dei ritratti, molto temuti, dicono ridendo le operatrici della Castello, per la capacità di cogliere dettagli disturbanti. La personale a Crespi del resto era intitolata citando una frase di Albert Camus «Dopo una certa età ognuno è responsabile della sua faccia», parole che Paola ha copiato con la sua bella calligrafia a margine di un disegno. Il ricavato delle vendite è andato tutto alla cooperativa per una scelta della famiglia, a cui invece era stato proposto di dividere a metà l’importo. «Non ci è sembrato giusto – dice Agnese Magni– Innanzitutto per la Paola il denaro non ha alcun significato. E noi non vogliamo in alcun modo sfruttarla. Poi lei realizza le sue opere al laboratorio, non a casa, preferiamo che quei soldi vengano reinvestiti per acquistare materiale per le attività di tutti i ragazzi. Anche noi abbiamo acquistato tre disegni della Paola». Il futuro è tutto da decidere. Intanto Paola al futuro sembra non pensarci. Ha appena finito in mezz’ora la sorprendente trasformazione di un quadro di Otto Dix in un vortice di linee che traccia una figura dagli occhi indagatori. Lascia cadere la penna e se ne va. E’ l’ora della terapia con gli asini. 

Autoritratto di Paola Ponzoni



©Riproduzione riservata
Pubblicato sul Corriere della Sera #buonenotizie l'11 dicembre 2018









Nessun commento:

Posta un commento