Nicolai Lilin, foto di Stefano Fusaro. |
In un Caucaso feroce, attraversato
da bande di terroristi senza ideali e spie senza morale, l'ultimo avamposto
dell'umanità è uno sperduto villaggio dove cristiani e musulmani convivono
grazie ad un patto antico, ora minacciato dagli appetiti dei trafficanti di
droga. Simbolo della resistenza due ragazzi, amici per la pelle, che grazie a
quel patto sconfiggeranno il male. Nicolai Lilin, tatuatore, militare in Cecenia e poi scrittore anomalo che ha scelto l'italiano
come lingua letteraria per raccontare nel celebratissimo “Educazione
siberiana” la sua vita ai confini dell'impero sovietico, torna con la
favola crudele “Il serpente di Dio”, Einaudi.
È pura invenzione o realtà
questo villaggio dove cristiani e musulmani si scambiano simboli sacri per
cementare la loro convivenza?
È una metafora, ma si basa su storie che mi
hanno raccontato in Cecenia, la parola che definisce il patto, aganash,
culla, è cecena. Questo patto poteva essere siglato in molti modi: attraverso i
matrimoni o scambiandosi oggetti sacri.
Il Caucaso che racconta è un luogo
terribile, dove finti terroristi trafficano con mercenari e servizi segreti per
interessi criminali.
Sono cose che ho visto. È quello che è accaduto nel
nostro paese dove poteri criminali e oligarchi corrotti hanno pilotato delle
rivolte per poter fare i propri interessi. Quelli che voi occidentali avete
accreditato come movimenti spontanei e invece spesso hanno avuto registi con
altre finalità. Come le primavere arabe, si è visto come sono andate a finire
in Libia: è vero che prima c'era un dittatore, ma adesso? In più voi, anzi noi
italiani, ci siamo fatti soffiare i contratti del gas e petrolio, e ora
rischiamo di fare la stessa cosa compromettendo i rapporti con Putin sulla
vicenda ucraina.
Sul web lei ha diffuso immagini crude dei
massacri in Ucraina, accusando la stampa occidentale di prendere per buona solo
la versione di Kiev pro Europa che vuole liberarsi del giogo di Putin. Ed ha
subito anche minacce.
A me Putin non sta simpatico, ma in Ucraina la
verità è che si sono mosse forze oscure, anche formazioni paranaziste, per
fomentare la tensione con un golpe e rompere l'asse con la Russia per interessi
geopolitici che nulla hanno a che vedere con ciò che vuole la gente, che poi ne
fa le spese. È una lezione che ho imparato a 12 anni, nascosto in cantina
mentre bombardavano la mia città Bender, nazionalisti moldavi da una parte e
filorussi dall'altra. Il rischio in Ucraina è la balcanizzazione.
Ma lei
ha nostalgia dell'Unione sovietica?
Ho perso 17 familiari durante il
regime, quindi no. Ma ho nostalgia di un sistema. La democrazia è un bel
concetto ma non è quello che vedo all'opera in quel pezzo di mondo. Nel mio
libro i ragazzi protagonisti incarnano un modello di condivisione di valori
diversi. Ecco, quello è il mio ideale. Con Dio nell'anima, la patria nel
cuore e il vento nella testa, come diciamo noi.
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