venerdì 30 maggio 2014

Nicolai Lilin racconta una favola feroce sul Caucaso e denuncia il mattatoio ucraino

Nicolai Lilin, foto di Stefano Fusaro.
In un Caucaso feroce, attraversato da bande di terroristi senza ideali e spie senza morale, l'ultimo avamposto dell'umanità è uno sperduto villaggio dove cristiani e musulmani convivono grazie ad un patto antico, ora minacciato dagli appetiti dei trafficanti di droga. Simbolo della resistenza due ragazzi, amici per la pelle, che grazie a quel patto sconfiggeranno il male. Nicolai Lilin, tatuatore, militare in Cecenia e poi scrittore anomalo che ha scelto l'italiano come lingua letteraria per raccontare nel celebratissimo “Educazione siberiana” la sua vita ai confini dell'impero sovietico, torna con la favola crudele “Il serpente di Dio”, Einaudi.
È pura invenzione o realtà questo villaggio dove cristiani e musulmani si scambiano simboli sacri per cementare la loro convivenza? 

È una metafora, ma si basa su storie che mi hanno raccontato in Cecenia, la parola che definisce il patto, aganash, culla, è cecena. Questo patto poteva essere siglato in molti modi: attraverso i matrimoni o scambiandosi oggetti sacri. 



Il Caucaso che racconta è un luogo terribile, dove finti terroristi trafficano con mercenari e servizi segreti per interessi criminali.

Sono cose che ho visto. È quello che è accaduto nel nostro paese dove poteri criminali e oligarchi corrotti hanno pilotato delle rivolte per poter fare i propri interessi. Quelli che voi occidentali avete accreditato come movimenti spontanei e invece spesso hanno avuto registi con altre finalità. Come le primavere arabe, si è visto come sono andate a finire in Libia: è vero che prima c'era un dittatore, ma adesso? In più voi, anzi noi italiani, ci siamo fatti soffiare i contratti del gas e petrolio, e ora rischiamo di fare la stessa cosa compromettendo i rapporti con Putin sulla vicenda ucraina.



Sul web lei ha diffuso immagini crude dei massacri in Ucraina, accusando la stampa occidentale di prendere per buona solo la versione di Kiev pro Europa che vuole liberarsi del giogo di Putin. Ed ha subito anche minacce.

A me Putin non sta simpatico, ma in Ucraina la verità è che si sono mosse forze oscure, anche formazioni paranaziste, per fomentare la tensione con un golpe e rompere l'asse con la Russia per interessi geopolitici che nulla hanno a che vedere con ciò che vuole la gente, che poi ne fa le spese. È una lezione che ho imparato a 12 anni, nascosto in cantina mentre bombardavano la mia città Bender, nazionalisti moldavi da una parte e filorussi dall'altra. Il rischio in Ucraina è la balcanizzazione. 



Ma lei ha nostalgia dell'Unione sovietica?
Ho perso 17 familiari durante il regime, quindi no.  Ma ho nostalgia di un sistema. La democrazia è un bel concetto ma non è quello che vedo all'opera in quel pezzo di mondo. Nel mio libro i ragazzi protagonisti incarnano un modello di condivisione di valori diversi. Ecco, quello è il mio ideale. Con Dio nell'anima, la patria nel cuore  e il vento nella testa, come diciamo noi.



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Pubblicato su Metro il 29/05/2014

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