Mi ha molto colpito la scarsa risonanza di un interessante articolo scritto da Elsa Fornero il 5 giugno sul Wall Street Journal, all'indomani dell'uscita dell'Italia dalla procedura Ue di infrazione. Un articolo che voleva sancire l'efficacia delle riforme che portano il nome dell'ex ministro, ma che sorprendentemente diceva anche il contrario. Illuminante questo passaggio: “The subsequent labor-market reform was structural in nature e was introduced at the stringent request of the Eu, international insitutions and of financial markets. Ideally it would have been schedued during times of economic expansion rather recession ”. In pratica non sta accadendo nulla che non fosse ampiamente prevedibile. Molti economisti ormai smontano il perverso legame tra ideologia della flessibilità e mercato del lavoro. A contestare l'idea che i nostri problemi nascano da un'eccessiva rigidità del mercato del lavoro anche il docente della Bocconi Carlo Devillanova, che ho intervistato su Metro, nella quale lancia anche un allarme sui rischi etici e geopolitici di un'economia come la nostra che si avvia ad essere basata sui bassi salari e sull'export.
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