sabato 19 luglio 2014

Contraddizioni in seno al popolo

Banca/casa del popolo. Foto di Paola Rizzi
In questo edificio di Trezzo sull'Adda c'era la casa del popolo, con una bar frequentatissimo, ma forse non abbastanza, e i tavolini fuori.  Adesso c'è una banca, la Banca popolare di Sondrio - siamo sempre nell'ambito del credito cooperativo, comunque - e a vigilare sui movimenti di capitale e del Capitale sono rimasti i busti di Antonio Gramsci e di Giacomo Matteotti. Che a varcare quella soglia non si dimentichi di cosa dovrebbero essere fatti i soldi: lavoro e fatica.

giovedì 17 luglio 2014

Se persino NIlde Iotti preferiva “il” a “la”

Nilde Iotti preferiva essere chiamata il Presidente della Camera, non la Presidente  
Nilde Iotti si offese quando venne definita dall'Ansa “la” Presidente della Camera, essendo quel “la” per lei una “diminutio”, rispetto al più rispettabile  “il”. Scusabile, da outsider  in un campo fino ad allora a sesso unico. Ma anche oggi che le donne sono dappertutto trovare le parole non è sempre facile. Per questo Giulia, associazione di giornaliste impegnata a rimuovere le discriminazioni di genere nei media, ha prodotto un agile manuale “Donne, grammatica e media” (si ordina a
giuliagiornaliste@gmail.com), curato da Maria Teresa Manuelli e dalla linguista e accademica della Crusca Cecilia Robustelli.
Cecilia Robustelli 

In questi giorni si è  parlato di future donne vescovo nella Chiesa Anglicana, di preti donne: Robustelli, ci aiuti.
Non si deve scioccare,  bisogna darsi dei tempi. Per la parola prete al femminile sarà l’uso che ci dirà quale sarà la scelta migliore, magari la prete.
Non è un  problema imminente. Ma il processo di femminilizzazione della lingua a qualcuno suona forzato. Come funziona: è la lingua che si adatta o ogni tanto bisogna dare una spintarella?
Nessuna forzatura, la lingua si è sempre adattata ai cambiamenti della società in modo naturale. Per quanto riguarda il femminile, non dobbiamo inventare niente: c’è un modello perfetto con poche varianti che possiamo applicare. Le resistenze non sono linguistiche, ma culturali. Si fa fatica ad associare certi titoli alle donne, ma non è che manca la parola: ingegnere, ingegnera, come infermiere e infermiera.

Facile, ma tra avvocata e avvocatessa?
Giusti tutti e due, l’importante è dare visibilità alle donne: si dica come si vuole purchè si dica.

Ma a volte sono le donne stesse che non gradiscono il titolo al femminile.
Vero, questa resistenza riflette una scarsa consapevolezza, una concezione della società da anni Settanta: sottintende che il titolo vero è quello al maschile. Ma l’italiano funziona in un altro modo: se una lingua prevede il genere, si crea anche un’attesa diversa se io dico la giudice o il giudice. Il genere è come il numero, non è uguale dire 1 o 2.  

Nessuna difficoltà incontrata finora?
Una giudice mi ha chiesto come comportarsi con la parola difensore: difensora o difenditrice? Le opzioni sono queste.

Fortunati gli inglesi allora, che hanno il neutro.

È solo l'abitudine.

©Riproduzione riservata

Pubblicato su Metro il 17 luglio 2014


martedì 15 luglio 2014

La visione di Rose

Rose Hudson-Wilkin
In un mio recente soggiorno a Londra ho avuto una visione, davanti a Westminster Abbey. Mentre aspettavo un'amica, ha attirato la mia attenzione un prelato con la classica palandrana nera che chiacchierava con due signori davanti al portone della chiesa. Guardando meglio ho visto che dal clergyman (clergywoman?) spuntava il volto di una splendida donna nera dai capelli corti con un paio enormi orecchini rossi.
Purtroppo tutti i vari devices mi hanno tradito (la foto sui social network sarebbe stata piuttosto sensazionale per i nostri provinciali standard italiani) ma è stato facile ritrovare immagini e storia di questa donna, Rose Hudson-Wilkin, prete anglicano (a), vicario(a) a Westminster, cappellano (a) della Regina e della Camera dei Comuni, nata a Montego bay in Giamaica in una famiglia povera e ora destinata a diventare probabilmente una delle prime vescove della Chiesa d'Inghilterra, dopo che ieri il Sinodo ha dato il definitivo via libera alla storica riforma che apre le cariche apicali alle donne. In tutto questo il (la) reverendo Rose Hudson-Wilkin ha trovato il tempo di sposarsi con un collega e mettere al mondo tre figli.
Direi che in questa storia non c'è niente di sbagliato. Tutto funziona: ascensore sociale, eliminazione del tetto di cristallo, integrazione. Mentre io faccio fatica anche a raccontarla, perché ho dei problemi linguistici a declinare al femminile parole che per noi sono indissolubilmente legate al maschile. E in questo temo ci sia moltissimo di sbagliato.
©Riproduzione riservata

Pubblicato su Metro il 15 luglio 2014