Banca/casa del popolo. Foto di Paola Rizzi |
sabato 19 luglio 2014
Contraddizioni in seno al popolo
giovedì 17 luglio 2014
Se persino NIlde Iotti preferiva “il” a “la”
Nilde Iotti preferiva essere chiamata il Presidente della Camera, non la Presidente |
Nilde Iotti si offese quando venne definita dall'Ansa “la”
Presidente della Camera, essendo quel “la” per lei una “diminutio”, rispetto al
più rispettabile “il”. Scusabile, da
outsider in un campo fino ad allora a
sesso unico. Ma anche oggi che le donne sono dappertutto trovare le parole non
è sempre facile. Per questo Giulia, associazione di giornaliste impegnata a
rimuovere le discriminazioni di genere nei media, ha prodotto un agile manuale
“Donne, grammatica e media” (si ordina a
giuliagiornaliste@gmail.com), curato
da Maria Teresa Manuelli e dalla linguista e accademica della Crusca Cecilia
Robustelli.Cecilia Robustelli |
In questi giorni si è
parlato di future donne vescovo nella Chiesa Anglicana, di preti donne:
Robustelli, ci aiuti.
Non si deve scioccare,
bisogna darsi dei tempi. Per la parola prete al femminile sarà l’uso che
ci dirà quale sarà la scelta migliore, magari la prete.
Non è un problema
imminente. Ma il processo di femminilizzazione della lingua a qualcuno suona
forzato. Come funziona: è la lingua che si adatta o ogni tanto bisogna dare una
spintarella?
Nessuna forzatura, la lingua si è sempre adattata ai
cambiamenti della società in modo naturale. Per quanto riguarda il femminile,
non dobbiamo inventare niente: c’è un modello perfetto con poche varianti che
possiamo applicare. Le resistenze non sono linguistiche, ma culturali. Si fa
fatica ad associare certi titoli alle donne, ma non è che manca la parola:
ingegnere, ingegnera, come infermiere e infermiera.
Facile, ma tra avvocata e avvocatessa?
Giusti tutti e due, l’importante è dare visibilità alle
donne: si dica come si vuole purchè si dica.
Ma a volte sono le donne stesse che non gradiscono il titolo
al femminile.
Vero, questa resistenza riflette una scarsa consapevolezza,
una concezione della società da anni Settanta: sottintende che il titolo vero è
quello al maschile. Ma l’italiano funziona in un altro modo: se una lingua
prevede il genere, si crea anche un’attesa diversa se io dico la giudice o il
giudice. Il genere è come il numero, non è uguale dire 1 o 2.
Nessuna difficoltà incontrata finora?
Una giudice mi ha chiesto come comportarsi con la parola
difensore: difensora o difenditrice? Le opzioni sono queste.
Fortunati gli inglesi
allora, che hanno il neutro.
È solo l'abitudine.
©Riproduzione riservata
Pubblicato su Metro il 17 luglio 2014
martedì 15 luglio 2014
La visione di Rose
Rose Hudson-Wilkin |
Purtroppo tutti i vari devices mi hanno tradito (la foto sui social network sarebbe stata piuttosto sensazionale per i nostri provinciali standard italiani) ma è stato facile ritrovare immagini e storia di questa donna, Rose Hudson-Wilkin, prete anglicano (a), vicario(a) a Westminster, cappellano (a) della Regina e della Camera dei Comuni, nata a Montego bay in Giamaica in una famiglia povera e ora destinata a diventare probabilmente una delle prime vescove della Chiesa d'Inghilterra, dopo che ieri il Sinodo ha dato il definitivo via libera alla storica riforma che apre le cariche apicali alle donne. In tutto questo il (la) reverendo Rose Hudson-Wilkin ha trovato il tempo di sposarsi con un collega e mettere al mondo tre figli.
Direi che in questa storia non c'è niente di sbagliato. Tutto funziona: ascensore sociale, eliminazione del tetto di cristallo, integrazione. Mentre io faccio fatica anche a raccontarla, perché ho dei problemi linguistici a declinare al femminile parole che per noi sono indissolubilmente legate al maschile. E in questo temo ci sia moltissimo di sbagliato.
©Riproduzione riservata
Pubblicato su Metro il 15 luglio 2014
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