mercoledì 17 giugno 2015

Christopher Lee sperimentale e antifranchista

A proposito di Christopher Lee recentemente scomparso, molto si è parlato del suo lato oscuro dai canini affilati e della sua sterminata filmografia vampirologica.  Un lato poco noto è quello sperimentale che rivela in Umbracle del regista catalano Pere Portabella. Portabella è un visionario che prima si è dedicato alla produzione di film come Viridana di Bunuel, produzione per la quale gli venne revocato il passaporto,   o El Cochecito di Marco Ferreri, poi come regista ha dato vita ad una cinematografia estrema e sperimentale. Umbracle, del 1970 vede Christopher Lee protagonista,  bellissimo e quasi muto, tranne in una memorabile scena, dove canta (davvero, era un'ottima voce lirica) e recita The Raven di Edgar Allan Poe. Il film, una radicale critica al Franchismo, segue con virtuosismo in un bianco e nero esasperato Lee e altri personaggi in una Barcellona surreale. Meravigliosa la scena in cui Lee cammina in un museo tra le teche di grossi uccelli impagliati. Esplicita invece la lunga sequenza in cui alcuni registi discutono molto liberamente della censura, a cui seguono poi spezzoni di film di propaganda franchista. 

Il video in cui Christopher Lee canta e recita il Corvo di Poe 


lunedì 15 giugno 2015

Lo spettacolo di quella maggioranza di buonisti silenziosi

Le volontarie alla stazione Centrale. Foto dal gruppo Facebook Profughi Milano 
Ci sono due Italie, una che si infila la maglietta con le ruspe, che urla, fa molto chiasso e si fa sentire a grande distanza.  Poi c’è un’Italia silenziosa, che si mette in coda  nei punti di raccolta alla stazione Centrale di Milano o a Tiburtina, nella fila accanto a quella degli eritrei e dei siriani, con in mano i sacchi della spesa o le borse piene di vestiti e di giocattoli da donare ai volontari e alla croce rossa e che chiede a bassa voce: «Posso fare qualcosa? Cosa vi serve? Avete bisogno di aiuto?».  Gente che non ha paura di prendersi la scabbia,  alla faccia dei professionisti dell'allarmismo.

Sono migliaia questi italiani. Certo, secondo la contabilità cara ai cattivisti, meno di quelli che restano a casa o perché non possono aiutare o perché se ne lavano le mani, ma molti di più di quelli che sbraitano  o  che si presentano con poche e anacronistiche bandiere a protestare.
 Nei giorni in cui il mezzanino della stazione Centrale era affollato di profughi e qualcuno preoccupato più della prossima scadenza elettorale che del decoro, gridava allo scandalo e all’indecenza, si sono visti tanti cittadini e viaggiatori che non solo non facevano “il giro largo”, ma al contrario sceglievano proprio di passare in mezzo al bivacco, si fermavano per chiedere e per capire qualcosa di più, di persona.

In effetti poi a voler ben vedere di Italie ce ne sono almeno tre, perché c’è quella delle istituzioni, del Governo, tutti i Governi, nazionali e mettiamoci dentro anche gli organismi sovranazionali,  che da anni sembrano tutti sempre colti di sorpresa ad ogni ondata migratoria. Quelli che l’emergenza poi di rimpallo in rimpallo finisce sempre più in basso, sul collo dei Comuni e da lì poi ancora più giù nelle mani dei volontari, delle associazioni, delle onlus, della Croce Rossa, di Tizio, Caio e Sempronio. Dei cittadini volenterosi. Buonisti, secondo gli speculatori della paura. In realtà, valutandone semplicemente i risultati,  cittadini armati di pragmatismo, certo sì, solidale,  ma che alla fine mettono una pezza alle falle del sistema. E meno male che ci sono loro. Poi magari quando passa il momento dell’emergenza arrivano quelli di Mafia Capitale a fare affari, ma questa è un’altra storia e un’altra Italia ancora. Oggi lo spettacolo è un altro, ed è bello: godiamocelo.

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Pubblicato su Metro il 15 giugno 2015

Alla Ferraille di Essaouira gli artisti che vivono tra i rottami

Un atelier nella Ferraille di Essaouira. Foto di Paola Rizzi
ESSAOUIRA Vento, oceano, gabbiani, luce abbagliante. La discarica di Essaouira, località turistica marocchina molto à la page adagiata sull’Atlantico, gode di una invidiabile posizione panoramica, a nord della città. Sulla collina leggermente rilevata alle spalle del tappeto di rifiuti che digrada verso il mare, si sviluppa una cittadella di rigattieri, robivecchi, rottamai, la Ferraille, dove ogni scarto viene selezionato, suddiviso, riassemblato e venduto poi nel mercato delle pulci domenicale.  Sembrerebbe il posto meno adatto per andare alla ricerca di opere d’arte. Eppure è proprio qui, tra le baracche sgarruppate, che diversi artisti locali, con un passato da pescatori, contadini, o carpentieri, hanno i loro atelier fatti di rottami. E si capisce che invece il luogo è adattissimo perché gran parte delle creazioni nasce da oggetti di scarto, legni portati dal mare, conchiglie, ossi, reinventati, rimontati e soprattutto colorati e poi rivenduti ai turisti a prezzi incredibilmente modici.
Oggetti pronti per diventare arte. Foto di Paola Rizzi
Da decenni a Essaouira, soprattutto per iniziativa di un collezionista danese, Frederic Damgaard, si è sviluppata una scuola di artisti che ha una certa risonanza internazionale, con una cifra stilistica collocabile tra l’arte naïf e il graffitismo alla Basquiat. Un vero fiorente business, che ha moltiplicato le gallerie d’arte e anche gli artisti di grido o improvvisati, che aprono le loro botteghe a ogni angolo di strada.


Azzedine Nassik tra i suoi quadri. Foto di Paola Rizzi

Alla Ferraille lo spirito è un po’ diverso: è l’arte del riciclo che diventa arte tour court, in modo molto semplice ed empirico, a volte selvaggio, senza troppe pretese. «Prendo i pezzi di legno, o questa conchiglia,  e poi aspetto che l’immagine si formi nella mia mente» spiega Azzedine Nassik,  sguardo un po’ folle da drop out, sorriso malinconico, nella sua bottega invasa da oggetti e quadri cangianti o stilizzati e sculture-mostro ispirate dalla forma distorta di una pietra, in un miscuglio di stili che non ha paura di niente. Un quadro alla parete mostra un volto stravolto alla Bacon con un ghigno deforme e un cappello tradizionale. Chi è? «Sono io -dice mostrando la bocca sdentata e poi aggiunge sorridendo - ho delle cose strane in testa, dei diavoli”.  

Le sculture fantastiche di Aziz Baki. Foto di Paola Rizzi
Sembra avere molto più  la testa sulle spalle e i piedi per terra Aziz Baki, vera star della Ferraille, che in una vita precedente ha fatto l’elettricista prima di andare a pitturare i mobili costruiti dal fratello che poi tanto successo hanno avuto tra i turisti. Poi ha preso la sua strada di artista naïf con un certo risalto internazionale  e ora ha addirittura due studi, una sorta di showroom alla Ferraille e il laboratorio dove lavora fuori città.  La sua chiave è il colore e un brulichio di figure immaginarie che trasformano qualunque cosa in oggetti fantastici e giocosi: serpenti,  draghi, astronavi, nati da alberi portati dalla risacca o fusti di metallo. Il tema del serpente ricorre, una specie di feticcio: il padre di Baki morì per il morso di un serpente.
Le opere di Asmahmu. Foto di P. Rizzi
Poco più avanti Asmahmu, (Asmah Mustapha )invece espone come in una scenografia studiata le sue opere dai colori accesi e dai rossi lugubri, una specie di personale bestiario disposto ad arte in mezzo ad altri oggetti, manichini, frammenti.  

Gli intarsi di Sayed. Foto di P.Rizzi
Ma ad ogni angolo della Ferraille un cartello indica un “expo”. Nel suo laboratorio, Sayed, artigiano del legno, mostra i suoi intarsi preziosi fatti recuperando il legno nella discarica. «Con quello  che trovo poi realizzo mobili o decorazioni, che mi vengono anche commissionate in città». Nel suo studio, baracca disordinatissima decorata di conchiglie, domina una vecchia fotografia di Jimy Hendrix, vera icona beat di Essaouira, per via di una breve visita che il musicista fece nel 1969  e sul conto del quale è ancora fiorente  un incredibile mercato di leggende metropolitane. Un nume tutelare quanto mai azzeccato per questo habitat bizzarro e un po’ psichedelico della scena artistica off di Essaouira.


Jimy Hendrix nello studio di Sayed. Foto di Paola Rizzi


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Pubblicato su Metro il 15 giugno 2015