venerdì 31 luglio 2015

Expo packaging


Padiglione dell'Ungheria a sinistra
e della Gran Bretagna a destra
Nessuna pretesa di capire cosa è Expo dopo averci passato mezza giornata. Prima impressione superati i tornelli e assordata dai din don degli altoparlanti che promuovono eventi " straordinari" tipo l'esibizione di bici acrobatica: sembra una grande fiera della birra. Raggiunto il decumano sensazione di dispersione assoluta: dove vado? Un po' qua un po là. So che il quid, gli eventi tematici e i vertici internazionali ad alto livello, avvengono all'insaputa del grande pubblico che vaga allo stato brado da un padiglione all'altro, alla ricerca di un filo logico che per lo più resta nascosto o si manifesta sotto forma di assaggini e di un modesto consumismo di souvenir. Più che l'Expo del cibo, però, sembra l'expo del packaging di dimensioni colossali, la fiera del contenitore di eccellenza,  a scapito dei contenuti. Padiglioni belli, a volte bellissimi e sfarzosi, varcati la soglia dei quali si perde di vista la ragione di soffermarsi per più di pochi minuti per poi passare oltre. Un'idea balzana e demodè come la vecchia Fiera Campionaria della nostra infanzia dove si andava con la famiglia a vedere persino gli stand dei trattori e dei montacarichi, ma che oggi sarebbe da matti riproporre. Per puro gusto personale e avendo visto solo un decimo dei padiglioni, segnalo quello dell'Angola davvero vintage nello stile architettonico ma militante nel contenuto: un inno alle donne angolane nell'edificazione della nazione. A forza si cerca di cacciarci dentro anche il tema del cibo, ma non importa: è bello vedere queste signore toste parlare di come si può cambiare un Paese.

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Cluster zone aride



Il Padiglione dell'Angola
Nel micro stand della Corea del Nord



La misteriosa esposizione di lingerie
nel padiglione della Francia