mercoledì 18 dicembre 2019

Orfani di femminicidio: «Ho i soldi ma sono bloccati»


«Ho 80 milioni di euro in cassa, ma finora ne ho erogati solo 350mila». È il grande cruccio del prefetto Raffaele Cannizzaro, commissario del comitato presso il ministero dell’Interno che delibera gli indennizzi  alle vittime di reati violenti, di mafia e agli orfani di femminicidio.
Com’è possibile prefetto?
«Le leggi sono due. Una è la legge sugli indennizzi e un limite ha riguardato gli importi previsti: finora si parlava di 8000 euro per tutti reati, femminicidi compresi, poco. E l’ostacolo è che per ottenerli occorre aver esperito infruttuosamente la procedura esecutiva nei confronti dell’autore del reato, iter lungo e costoso per le famiglie. Per questo appena mi sono insediato nel 2018 mi sono battuto per alzare gli indennizzi a 60mila euro più 10mila per spese sanitarie per i femminicidi e 25mila per le violenze sessuali. A giorni i ministeri competenti devono licenziare il nuovo regolamento e poi spero in un boom di richieste sui reati compiuti a partire dal 2005. Lo scriva».
C’è poi la legge  4 sugli orfani di femminicidio del 2018 su cui mancano ancora i regolamenti.
«Anche lì abbiamo a disposizione 10 milioni di euro all’anno ma senza regolamenti  restano in cassa: da quattro mesi abbiamo pronta la bozza, non è stato semplice per le ripetute correzioni per i continui aggiornamenti normativi, fino al Codice Rosso. Ora è al vaglio dei ministeri competenti e poi andrà in commissione, mi auguro in tempi brevi».
Quanti sono gli orfani?
«Non c’è un dato ufficiale, solo stime. Si parla di 2000. Sto cercando di colmare questa lacuna. La metà pensiamo siano maggiorenni. Ne teniamo conto. Abbiamo previsto borse di studio fino ai 30 anni, calcolando anche il disagio e quindi i tempi più lunghi prodotti dal trauma».
 
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Pubblicato su Metro il 22 ottobre 2019

«Vi racconto mio nipote, orfano di femminicidio»

La panchina rossa dedicata a Jessica Poli a Canneto sull'Oglio
Nella foto del profilo, Renza bacia il suo O.,  nipote dal sorriso dolcissimo. È un’immagine di tenerezza che sembra cancellare 12 anni di sofferenza e difficoltà indicibili. A condannarli all’«ergastolo del dolore» come dice lei, il 13 febbraio del 2007 33 coltellate sferrate dal marito tunisino alla moglie, Jessica, una ragazza di 33 anni di Canneto sull’Oglio, nel mantovano. Mamma di O. e figlia di Renza. Il corpo martoriato di Jessica riaffiorò dal fiume dopo un mese, durante il quale il killer continuò a raccontare al figlio di 4 anni che la madre lo aveva abbandonato, mentre con gli altri recitava la parte del marito disperato. L’antefatto: lei voleva separarsi perché lui era sempre più ossessivo. «Sapevo che litigavano e volavano piatti. Jessica non ci ha mai parlato di botte. Ma forse voleva proteggerci e noi non abbiamo capito». Lui durante il processo non ha mai confessato. Sta scontando  una condanna a 30 anni.