lunedì 15 giugno 2015

Alla Ferraille di Essaouira gli artisti che vivono tra i rottami

Un atelier nella Ferraille di Essaouira. Foto di Paola Rizzi
ESSAOUIRA Vento, oceano, gabbiani, luce abbagliante. La discarica di Essaouira, località turistica marocchina molto à la page adagiata sull’Atlantico, gode di una invidiabile posizione panoramica, a nord della città. Sulla collina leggermente rilevata alle spalle del tappeto di rifiuti che digrada verso il mare, si sviluppa una cittadella di rigattieri, robivecchi, rottamai, la Ferraille, dove ogni scarto viene selezionato, suddiviso, riassemblato e venduto poi nel mercato delle pulci domenicale.  Sembrerebbe il posto meno adatto per andare alla ricerca di opere d’arte. Eppure è proprio qui, tra le baracche sgarruppate, che diversi artisti locali, con un passato da pescatori, contadini, o carpentieri, hanno i loro atelier fatti di rottami. E si capisce che invece il luogo è adattissimo perché gran parte delle creazioni nasce da oggetti di scarto, legni portati dal mare, conchiglie, ossi, reinventati, rimontati e soprattutto colorati e poi rivenduti ai turisti a prezzi incredibilmente modici.
Oggetti pronti per diventare arte. Foto di Paola Rizzi
Da decenni a Essaouira, soprattutto per iniziativa di un collezionista danese, Frederic Damgaard, si è sviluppata una scuola di artisti che ha una certa risonanza internazionale, con una cifra stilistica collocabile tra l’arte naïf e il graffitismo alla Basquiat. Un vero fiorente business, che ha moltiplicato le gallerie d’arte e anche gli artisti di grido o improvvisati, che aprono le loro botteghe a ogni angolo di strada.


Azzedine Nassik tra i suoi quadri. Foto di Paola Rizzi

Alla Ferraille lo spirito è un po’ diverso: è l’arte del riciclo che diventa arte tour court, in modo molto semplice ed empirico, a volte selvaggio, senza troppe pretese. «Prendo i pezzi di legno, o questa conchiglia,  e poi aspetto che l’immagine si formi nella mia mente» spiega Azzedine Nassik,  sguardo un po’ folle da drop out, sorriso malinconico, nella sua bottega invasa da oggetti e quadri cangianti o stilizzati e sculture-mostro ispirate dalla forma distorta di una pietra, in un miscuglio di stili che non ha paura di niente. Un quadro alla parete mostra un volto stravolto alla Bacon con un ghigno deforme e un cappello tradizionale. Chi è? «Sono io -dice mostrando la bocca sdentata e poi aggiunge sorridendo - ho delle cose strane in testa, dei diavoli”.  

Le sculture fantastiche di Aziz Baki. Foto di Paola Rizzi
Sembra avere molto più  la testa sulle spalle e i piedi per terra Aziz Baki, vera star della Ferraille, che in una vita precedente ha fatto l’elettricista prima di andare a pitturare i mobili costruiti dal fratello che poi tanto successo hanno avuto tra i turisti. Poi ha preso la sua strada di artista naïf con un certo risalto internazionale  e ora ha addirittura due studi, una sorta di showroom alla Ferraille e il laboratorio dove lavora fuori città.  La sua chiave è il colore e un brulichio di figure immaginarie che trasformano qualunque cosa in oggetti fantastici e giocosi: serpenti,  draghi, astronavi, nati da alberi portati dalla risacca o fusti di metallo. Il tema del serpente ricorre, una specie di feticcio: il padre di Baki morì per il morso di un serpente.
Le opere di Asmahmu. Foto di P. Rizzi
Poco più avanti Asmahmu, (Asmah Mustapha )invece espone come in una scenografia studiata le sue opere dai colori accesi e dai rossi lugubri, una specie di personale bestiario disposto ad arte in mezzo ad altri oggetti, manichini, frammenti.  

Gli intarsi di Sayed. Foto di P.Rizzi
Ma ad ogni angolo della Ferraille un cartello indica un “expo”. Nel suo laboratorio, Sayed, artigiano del legno, mostra i suoi intarsi preziosi fatti recuperando il legno nella discarica. «Con quello  che trovo poi realizzo mobili o decorazioni, che mi vengono anche commissionate in città». Nel suo studio, baracca disordinatissima decorata di conchiglie, domina una vecchia fotografia di Jimy Hendrix, vera icona beat di Essaouira, per via di una breve visita che il musicista fece nel 1969  e sul conto del quale è ancora fiorente  un incredibile mercato di leggende metropolitane. Un nume tutelare quanto mai azzeccato per questo habitat bizzarro e un po’ psichedelico della scena artistica off di Essaouira.


Jimy Hendrix nello studio di Sayed. Foto di Paola Rizzi


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Pubblicato su Metro il 15 giugno 2015

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