domenica 22 febbraio 2015

Contro le orde dell'Isis traghetti a prezzo politico dalla Libia

Prima che a Roma arrivassero davvero le orde barbariche, quelle degli hoolingans olandesi che hanno devastato Piazza di Spagna,  lunedì 19 febbraio avevo scritto una mia opinione su Metro sul tema  guerra alla Libia, Isis e immigrazione.   

Il Feroce Saladino 
Le orde barbariche dell’Isis sono pronte a varcare il Mediterraneo e abbeverare i loro pick-up nei distributori del Raccordo anulare. Non si sa ancora con quali mezzi avverrà l’invasione  ma potrebbero  mescolarsi alle centinaia di migliaia di migranti  che per lo più vengono ad annegare davanti alle nostre coste.

Se questo è il quadro, sta diventando senso comune che bombardare la Libia sarebbe una soluzione. Non mi arruolo tra gli esperti di geopolitica dell’ultima ora, osservo solo che l’avevamo già bombardata. Mi interessa di più la festosa disinvoltura con cui ora trattiamo immigrazione e terrorismo con gli stessi arnesi semantici. Ho sentito un fior di commentatore sostenere che le onlus non si possono occupare degli immigrati, primo perché facilmente infiltrabili, vedi Mafia Capitale, secondo perché impreparate a distinguere i terroristi dai poveracci. Come se finora, dall’11 settembre fino a Copenhagen, non avessimo capito due cose: che i terroristi o arrivano “da noi” in business class in tutta comodità, oppure non ne hanno bisogno perché sono già “qui”, sono i nostri vicini di casa, G2 o G3,  magari un po’ sbandati e perciò facilmente manipolabili.

A buon senso verrebbe da dire che puntare sull’inclusione e l’integrazione - piuttosto che alimentare il binomio musulmano –straniero anche di ventesima generazione uguale pericolo potenziale -potrebbe sottrarre cervelli deboli dalla radicalizzazione identitaria. Troppo “buonista” in un momento in cui a molti prudono le mani. Ma tornando all’emergenza immigrazione sovrapposta al pericolo terrorismo, se proprio si volesse separare il grano dal loglio, sembra difficile poterlo fare in mezzo al mare mentre la gente sta affogando. Se non ricordo male era D’Alema che diceva che sarebbe stato più conveniente, anche economicamente, istituire un regolare servizio di traghetti tra le coste del Nordafrica e l’Italia con biglietti a prezzo politico, in modo da controllare alla fonte chi parte e sparigliare le carte ai trafficanti di uomini.


Si chiama governare i problemi prima che ci crollino addosso, sono decenni che si dice e non si fa, ere geologiche in cui l’Europa, non solo l’Italia, ha rinunciato ad occuparsi di un'emergenza sociale che la riguarda, lasciando il campo ad altre agenzie più efficienti, i criminali. Se la tesi è che la situazione attuale è figlia di un eccesso di buonismo, è vero  il contrario: è  cattivista e soprattutto inefficiente ignorare il problema dei flussi migratori fino a che non entrano nelle nostre acque territoriali.  E sarebbe almeno pragmatico se un fronte unico dei volenterosi si costituisse non per gettare bombe,  ma per sottrarre milioni di uomini a trafficanti, scafisti, e jiahdisti à la page.
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