C’è un Paese dove ancora il 100% di poliziotti e
militari, religiosi e tecnici, agricoltori e impiegati ministeriali
sono maschi, e sono maschi il 90% di politici, sportivi, imprenditori,
medici. Un paese dove la presenza delle donne è nascosta salvo affiorare a
macchia di leopardo, qua e là: il 25% degli insegnanti, il 23% degli artigiani,
il 27% delle celebrities, e oibò, il 74 nelle ong. Non stiamo parlando di
qualche emirato, ma dell’Italia.
I conti non tornano, vero? In effetti
questo non è il paese reale, ma il paese così come viene rappresentato da
quotidiani e tivù nazionali, come racconta una ricerca promossa dall’ordine dei
giornalisti Tutt'altro genere di informazione, coordinata da Maria Teresa Celotti, che
ha esaminato 15 quotidiani nazionali, tra cui Metro e 8 telegiornali. Il
risultato è una stupefacente sottorappresentazione del ruolo delle donne nella
società italiana, la quale è in effetti molto più avanti di come i media
vorrebbero farci credere. Qualche numero: le donne fanno notizie solo nel 17 %
dei casi, a meno che non siano vittime, in tal caso balzano al 48%. Le donne
consultate come esperte sono solo il 19%, le giornaliste firmano in prima
pagina il 20% delle news mentre rappresentano il 40% della categoria. Metro, in
questo quadro abbastanza sconfortante ci fa una discreta figura, dedicando più
spazio alle notizie che riguardano le donne (il 20% rispetto alla media del
17%), ed è citato in due casi di buone pratiche, per lo spazio dedicato alla
scrittura femminile nella rubrica dei libri e in un approfondimento sul lavoro
flessibile.
Non conta solo il quanto, ma il come si parla delle donne e
allora qui si spalanca l’abisso degli stereotipi che per esempio
trattando della Boschi, si soffermano sul colore del vestito e sull’altezza del
tacco, più di quanto non farebbero nel caso di un suo collega di gabinetto
maschio, con varie declinazioni sexy e rosa anche di argomenti molto seri,
quando di mezzo ci sono donne in posizioni apicali. Resta poi lo scoglio
degli scogli, quello linguistico: ministro e ministra, avvocato o avvocata? La
declinazione delle professioni al femminile per molti operatori
dell’informazione intervistati nella ricerca suona tuttora come il gesso sulla
lavagna, ma gli esperti della Crusca ci invitano a considerare che si parla
come si pensa e visto che l’italiano utilizza i generi, dire ministro per
uomini e donne significa pensare che sia un ruolo prettamente maschile, cosa
che non è. A noi di Metro la ricerca ci imputa in un caso di aver fatto bene a
parlare del gesto eroico di una donna militare, ma di aver sbagliato a
chiamarla il maresciallo, perché trattasi di marescialla. È dura, ma ce la
faremo.
©Riproduzione riservata
pubblicato su Metro il 20 settembre 2015
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